La storia della Maro Cristiani srl inizia molto prima del 1955, anno nel quale Maro apre il primo fondo dedicato alla creazione di pavimenti in legno.
La passione e la dedizione per le essenze legnose della famiglia Cristiani fiorisce infatti molti anni prima, addirittura nell’anno 1901.
Sorge il XX secolo: scoppia la belle époque e l’interesse dell’uomo per l’uomo. Alle porte della prima guerra mondiale fiorisce la scienza dell’Io nelle teorie di Mr.Sigmund Freud.
Sulle note di “Parigi o cara noi lasceremo” si spegne Giuseppe Verdi, mentre in un’altra stanza del 1901 ecco spandersi dalla prima macchina brevettata per l’espresso, l’odore magico e amaro del caffè.
Proprio questo clima fervente ed estatico, nostalgico e gaudiente, vede crescere Luigi.
Ultimo di sette figli, Luigi Cristiani possedeva un piccolo podere ereditato dalla famiglia, sulle morbide e verdi colline di Peccioli. I lavori nel campo, qualche battuta di caccia, e un amore estremo e ancora non del tutto consapevole per gli alberi e per le essenze legnose in generale.
Luigi amava soprattutto le querce.
Ma non amava le querce come un poeta che ammira l’andare ritorto dei loro rami, che fieri come le chiome di Medusa si oppongono alla forza del vento più sferzante.
Luigi amava le querce perché gli ricordavano semplicemente che era rimasto bambino.
25 metri di lunghezza e 2 di larghezza: un capolavoro di minuta perfezione sistemato accanto alla casupola dalle finestre rosse dove di tanto in tanto si affacciava l’anziano babbo ad ammirare la collina.
Era proprio così che sin dall’inizio aveva progettato il suo personalissimo pallaio, chiamando a raccolta due fratelli, uno zio e qualche amico. Armati di pala, zappa e picchi, avevano spellato il terreno e l’avevano battuto a lungo per renderlo il più possibile piano.
Mezza giornata di lavoro in un’assolata domenica del lontano Maggio 1901. A pranzo un po’ di zuppa toscana, e poi, fieri e ancora distrutti dalla giocosa fatica, avevano adagiato con la delicatezza di un pittore ognuno le proprie bocce sulla pista. Una di castagno, una di faggio. Quelle di Luigi tutte di quercia.
La quercia che amava tanto per la sua forza e la sua essenza, che gli ricordava ogni volta di essere rimasto sempre bambino.